Storia

Storia del CAI

Costituito il 23 ottobre 1863 a Torino, - anche se si può affermare che la sua fondazione ideale sia avvenuta il 12 agosto dello stesso anno, durante la celeberrima salita al Monviso ad opera di Quintino Sella, Giovanni Barracco, Paolo e Giacinto di Saint Robert - il Club Alpino Italiano è una libera associazione nazionale che, come recita l’articolo 1 del suo Statuto, “ha per scopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale”.

Il carattere nazionale del CAI fu presente nell’idea fondante, e non a caso Quintino Sella volle accanto a sé sul Monviso Giovanni Barracco “onde venisse a rappresentare l’estrema Calabria, di cui è oriundo e deputato”. E’ quindi in quel periodo storico e politico in rapida evoluzione in cui le tensioni e le aspirazioni risorgimentali si erano concretate nell’unità della nazione che il CAI si formò e si diffuse secondo le forme tipiche dell’associazionismo borghese.

Costituito quindi con lo scopo statutario “di far conoscere le montagne, più specialmente le italiane e di agevolarvi le salite e le esplorazioni scientifiche” ben presto iniziò quella funzione catalizzatrice dello spirito unitario intorno a un ideale che tuttora costituisce uno dei valori essenziali della motivazione associativa.

Un ulteriore elemento cementante del carattere nazionale a livello culturale fu l’iniziativa editoriale della Guida dei Monti d’Italia, iniziata nel 1908 con il volume sulle Alpi Marittime.

Nel 1943, con la caduta del fascismo, il CAI proclamava di essere integro nella propria struttura patrimoniale, spirituale e organizzativa, e di aver riacquistato la propria completa indipendenza. Dal 1944 il CAI si vide impegnato ad operare su due fronti: quello della Resistenza e quello della ricostruzione.

Le distruzioni belliche non risparmiarono il patrimonio dei Rifugi, anche perché in realtà i Rifugi delle Alpi e degli Appennini furono i quartieri generali migliori nella lotta per la resistenza e la liberazione: 64 furono completamente distrutti e gran parte degli altri danneggiati. La partecipazione al movimento di liberazione fu larghissima in tutte le zone da parte di accademici, soci, custodi di rifugi, che si distinsero anche nell’opera di appoggio e assistenza ai profughi ebrei che attraverso i passi alpini cercavano riparo in Svizzera.

L’opera prestata dal CAI per la riappacificazione nazionale e per la ricostruzione sia morale che delle infrastrutture venne sancita in una dichiarazione di comunità d’intenti del 6 agosto 1945 in cui si stabilì che: “unità nazionale, apoliticità, concordia nella collaborazione” sono indispensabili e “ogni attentato a questo principio va respinto”.

Con la ripresa della vita civile ripresero anche le attività sociali. Pur tra enormi difficoltà per mancanza di fondi, di mezzi e di materiali il fervore ricostruttivo delle Sezioni, che pure subirono ingenti danni di guerra, fu notevole operando per la riedificazione dei Rifugi, la ripresa delle attività sociali con opere culturali, scientifiche e artistiche, la ripresa delle attività escursionistiche e alpinistiche sia sulle montagne italiane che extralpine. Impegno nella ricostruzione che doveva dar luogo all’evento destinato a ricompattare l’identità nazionale, minata all’interno dalle divisioni politiche e all’estero dalla caduta di credibilità conseguenti alle vicende belliche. Fu questo la vittoriosa spedizione alpinistica organizzata dal CAI nel 1954 che portò i colori della Patria sulla seconda vetta del mondo, il K2 nel Pakistan. Fu un avvenimento di portata mondiale, che risollevò il morale nazionale restituendo fiducia a un popolo militarmente sconfitto e moralmente ferito.

Nel 1954 fu costituito ufficialmente il Soccorso Alpino, che in seguito assumerà la denominazione di Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico con lo scopo di provvedere “alla vigilanza e prevenzione degli infortuni nell’esercizio delle attività alpinistiche, escursionistiche e speleologiche, al soccorso degli infortunati o dei pericolanti, e al recupero dei caduti”. Anche in questo campo il CAI non è venuto meno alla sua missione essendo sempre presente con le sue Sezioni e il Soccorso Alpino in aiuto alle popolazioni, sia nelle grandi catastrofi, dal Vajont ai terremoti del Friuli, Irpinia, Abruzzo, sia nelle operazioni di soccorso individuale, di cui solo il 5% per Soci del CAI.

Forte impulso è stato dato alla formazione, a partire dall’età scolare attraverso l’alpinismo giovanile, per sensibilizzare i giovani verso i valori di una “controcultura” a quella imposta da certi media televisivi e di facili “paradisi” artificiali, e far crescere la popolazione nella consapevolezza della necessità di pratiche virtuose in un uso sostenibile del territorio montano e nelle cognizioni relative alla sicurezza.

Non minore è l’impegno profuso nell’ambito culturale e della comunicazione tramite l’attività editoriale di pubblicazione di riviste periodiche, una vasta manualistica mirata alla formazione, prevenzione e sicurezza, nonché tramite istituzioni di carattere nazionale, come il Museo Nazionale della Montagna e la Biblioteca Nazionale di Torino, e nel campo scientifico con studi e ricerche mediche, aventi come sede di riferimento la Capanna Osservatorio Regina Margherita, il rifugio più alto d’Europa a 4554 metri sulla Punta Gnifetti del Monte Rosa, e ancora sui materiali tecnici e sull’ambiente.

Il Club Alpino Italiano, come prima associazione nazionale che ha mantenuto integro l’assetto statutario e strutturale originario, seppure adeguandolo all’evoluzione della società in cui affonda le radici, ha recentemente celebrato il Centocinquantenario di fondazione, in prossima successione ma strettamente connesso alla ricorrenza del Centocinquantenario dell’Unità d’Italia.

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